Vai al contenuto

Salviamo la Libreria Treves

Salviamo la Libreria Treves.

Salviamo la Libreria Treves

SDC12697Non è iniziato bene il 2013 per la Cultura Napoletana: si sta infatti aggravando l’annosa bruttissima vicenda che vede coinvolta una delle più prestigiose e storiche Librerie di Napoli, la “Treves”, che dalla centralissima e ben frequentata sede di Via Toledo, si è vista costretta alcuni anni fa a traslocare, suo malgrado, in un angolo dimenticato di Piazza del Plebiscito, angolo che è rimasto “abbandonato” nonostante le promesse, e le speranze, di una riqualificazione ambientale e culturale di tutta la piazza.
Ora si impone lo sfratto alla libreria anche da questa sede. Contro questa assurda decisione, che rappresenta l’ennesimo duro colpo alla cultura e in particolare alla cultura napoletana, è partita subito una petizione al Presidente della Repubblica, che riportiamo integralmente qui di seguito, e che invitiamo a sottoscrivere, collegandosi al sito http://www.petizioni24.com/salviamo_la_libreria_treves

siamo un gruppo di cittadini-lettori di libri che, conoscendo e apprezzando la ben nota Sua sensibilità verso la Città e in particolare verso la sua storia e la sua cultura – ancora vivo in ognuno di noi il suo autorevole intervento per salvare nei suoi locali storici la libreria Colonnese – , desideriamo informarla del pericolo che sta correndo la libreria Treves insediata a Napoli da oltre un secolo. Per fare questo siamo costretti a riassumerLe l’intera vicenda ringraziandoLa sin d’ora della Sua pazienza e del Suo interessamento.

Questa vicenda inizia nel 2004, quando i proprietari dei locali che ospitavano in fitto la libreria Treves di via Toledo avviarono una procedura di sfratto per finita locazione. Nel 2006, nonostante l’impegno e il sostegno prolungato di numerosi esponenti del mondo culturale e politico e di molti cittadini, compreso lo stesso sindaco Rosa Russo Iervolino, lo sfratto divenne esecutivo. A questo punto il Comune, per salvare la Treves, le offrì di occupare un paio di locali sotto i portici di San Francesco di Paola, in piazza del Plebiscito.  Tali locali, in realtà, non sono di proprietà del Comune, ma appartengono al Fec (ministero degli Interni), che dal 1999 li aveva dati in affitto al Comune di Napoli.

Nell’assegnare alla Treves questi locali, il Comune non stipulò alcun contratto, ma fu redatto solo un verbale di accesso. La stipula fu rimandata al momento in cui anche tutti gli altri locali dell’emiciclo sarebbero stati assegnati tramite bando pubblico, allo scopo di riqualificare e di far rivivere piazza del Plebiscito e, nello specifico, il suo colonnato, sottraendo, specialmente quest’ultimo, a un degrado indegno di ogni comunità civile.  Questo progetto di valorizzazione non è mai stato portato a compimento, nonostante che la libreria, dal settembre 2006, abbia ininterrottamente continuato a svolgere il ruolo affidatole di promoter culturale, organizzando numerosi eventi, a suo intero carico, di carattere culturale e artistico, ma senza, ovviamente, quel riscontro di pubblico e di critica che aveva da sempre riscosso la sede di via Toledo.

Dopo ripetuti solleciti verbali e numerosi articoli pubblicati sui quotidiani locali affinché il Comune tenesse fede ai suoi impegni, Rino De Martino, rappresentante legale della Treves, in un’intervista al giornale La Repubblica, edizione nazionale, comunicò l’intenzione di chiudere la libreria. All’indomani, a seguito di un’interpellanza in Consiglio Comunale, l’assessore alla Cultura Nicola Oddati, dichiarò alla stampa che non si poteva perdere questo pezzo di storia della città e che il Comune s’impegnava nuovamente a promuovere in ogni modo la valorizzazione della piazza e del colonnato o, in alternativa, a offrire alla Treves un trasferimento in propri locali nel Centro storico. Purtroppo, anche questo secondo progetto è svanito nel nulla.

Nel gennaio 2011, dopo quasi cinque anni, la Treves ricevette dalla Romeo Gestioni, una società privata che amministrava i beni immobiliari del Comune, una richiesta di stipula di contratto retroattivo e di pagamento di arretrati a partire dall’aprile 2006. Un contratto di fitto a pagamento? Perché se ne ricordano dopo cinque anni? Tra Rino De Martino e i vari rappresentanti del Comune, dal sindaco Rosa Russo Iervolino fino a Nicola Oddati, non si era mai parlato di pagamento. E per di più era il Comune a essere venuto meno per due volte ai propri impegni. Una richiesta insostenibile non solo nel merito, ma anche nel fatto per la mole di una locazione dal 2006 di 2.500 euro mensili. Sic!

Al rifiuto di De Martino di ottemperare a tale assurda pretesa – assurda anche per l’immenso divario fra l’affollata libreria Treves di via Toledo e la deserta di piazza Plebiscito, misurabile in termini di acquirenti e di incassi, da 100 a 1 -, il Comune ha citato in giudizio la Treves che si è vista costretta a difendersi in tribunale. Una prima udienza si è svolta il 20-2-2012 e il giudice ha rinviato ogni decisione. E ora siamo all’ultimo incomprensibile colpo di testa del Comune, il quale, senza attendere la sentenza della magistratura, ha richiesto a De Martino il rilascio dei locali della libreria e il pagamento degli arretrati.

Questi sono i fatti, egregio signor Presidente. Confidando in un Suo intervento al fine di scongiurare la chiusura della libreria, Le rinnoviamo le nostre più vive attestazioni di stima e di affetto.

Bandito il concorso di narrativa Resy Ceccatelli

E’ in fase di diffusione un nuovo concorso letterario promosso dal Lions Club Sant’Anastasia – Monte Somma, Presidente arch. Giacomo Vitale, con la collaborazione del Circolo Letterario Anastasiano di Giuseppe Vetromile. Si tratta della prima edizione 2013 del concorso di narrativa inedita, a carattere nazionale, intitolato “Resy Ceccatelli”, per onorare la memoria di una illustre socia del Lions Club Sant’Anastasia – Monte Somma, venuta a mancare alcuni anni fa.

Il concorso, che non prevede quota di iscrizione, è rivolto a tutti gli scrittori senza distinzione di età e/o nazionalità, purchè presentino testi a tema libero in lingua italiana; saranno comunque graditi argomenti inerenti alla tutela e al rispetto dell’ambiente e della natura, alla pace, alla promozione sociale e civile.

La scadenza del concorso è fissata per la fine del mese di marzo 2013, mentre la cerimonia di premiazione, che avverrà qui a Sant’Anastasia, è prevista per la fine di giugno 2013. Una qualificata giuria assegnerà i premi, che consisteranno in targhe e diplomi con motivazione.

Il regolamento dettagliato del concorso è consultabile sui siti internet specializzati, su facebook, sul sito del Lions Club e sul sito del Circolo Letterario Anastasiano (http://circololetterarioanastasiano.blogspot.com).

Il Lions Club Sant’Anastasia – Monte Somma, avvalendosi della collaborazione del Circolo Letterario Anastasiano che già opera attivamente nel campo dei concorsi letterari di indubbio valore, come il Concorso Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia” la cui decima edizione è in svolgimento, ritiene in tal modo di contribuire ulteriormente allo sviluppo culturale del nostro territorio, proponendo un evento importante e di grande risonanza nazionale: ancora una volta, Sant’Anastasia sarà così al centro dell’attenzione culturale e letteraria italiana.

La X Edizione del Concorso Nazionale di Poesia Città di Sant’Anastasia

Parte anche quest’anno il Concorso Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”, giunto alla decima edizione. Dieci anni ininterrotti di programmazione e realizzazione di un evento che è divenuto senza alcun dubbio uno degli appuntamenti culturali più importanti della nostra cittadina, evento che, come sappiamo, è stato anche recentemente istituzionalizzato, riconoscendone così la validità e la qualità, nonchè il ritorno d’immagine per la Città, che è così ben inserita e riconosciuta nell’ambito della promozione culturale e in particolare letteraria, a livello nazionale.

La formula del concorso prevede anche per questa decima edizione la partecipazione con elaborati inediti a tema libero, con una sottosezione dedicata all’ambiente e territorio vesuviano; saranno premiati, come per le precedenti edizioni, anche le migliori poesie dei giovani autori e degli autori del nostro territorio. Cospicui come sempre i premi: 600 euro al primo classificato, 350 al secondo, 250 al terzo. Saranno inoltre attribuiti altri premi con targhe ed oggetti in rame dell’artigianato locale, al fine di far conoscere anche al di fuori della nostra Città le realtà artistiche, artigianali e commerciali locali, di antica tradizione.

L’organizzazione e direzione artistica dell’intero progetto è affidata, come sappiamo, all’Associazione IncontrArci di Sant’Anastasia, e nella fattispecie al poeta Giuseppe Vetromile, che ne cura il coordinamento e la segreteria.

Il bando, che è già in via di diffusione, prevede una scadenza per la presentazione degli elaborati fissata per il 30 ottobre prossimo, mentre la cerimonia di premiazione è prevista entro la fine dell’anno.

Infine, per celebrare la decima edizione del concorso, è allo studio una ulteriore sezione dedicata al libro di poesia edito, al fine di rendere il nostro concorso letterario ancora più importante e noto, come già era stato proposto ultimamente sia da parte della nostra Associazione IncontrArci, sia da parte dell’Amministrazione Comunale.

Il bando completo è consultabile sul blog del concorso: http://concorsopoesiasantanastasia.blogspot.com.

Ecco qui di seguito il Regolamento.

Il Comune di Sant’Anastasia (Napoli) indice e promuove la X Edizione 2012 del Concorso Letterario Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”, avvalendosi dell’Organizzazione e Direzione Artistica dell’Associazione “IncontrArci” di Sant’Anastasia – Circolo Letterario Anastasiano. Al concorso potranno partecipare tutti i cittadini residenti in Italia o all’estero, purché i testi siano in lingua italiana.

E’ possibile partecipare inviando una o due poesie in lingua italiana a tema libero, di lunghezza non superiore ai 50 versi, in 6 copie, di cui una soltanto completa di generalità, recapiti telefonici ed e-mail, e di una dichiarazione firmata che ne attesti la paternità.

Nell’ambito di questa sezione è anche possibile presentare un’ulteriore poesia ispirata al tema: “Ambiente e territorio vesuviano”, in lingua italiana od anche in vernacolo napoletano, sempre in 6 copie di cui una con le generalità.

Si richiede un contributo unico per spese organizzative di Euro 10 (dieci) da versare su c.c.p. nr. 63401236 intestato all’Associazione “IncontrArci”, con causale: Concorso di poesia Città di Sant’Anastasia X Edizione. Fotocopia del versamento dovrà necessariamente essere allegata agli elaborati.

Premi

Soltanto per la sezione a tema libero in lingua italiana, sono previsti i seguenti premi:

1° premio: Euro 600; 2° premio: Euro 350; 3° premio: Euro 250.

In base alla graduatoria generale stabilita dalla Giuria, saranno inoltre premiati con Targhe ed eventuali premi speciali:

le migliori poesie ispirate al tema “ambiente e territorio vesuviano”;

le migliori poesie di Autori giovani e ragazzi (fino a 23 anni);

le migliori poesie degli Autori locali (Sant’Anastasia e dintorni).

A discrezione dell’Organizzazione, e in base alle valutazioni della Giuria, potranno essere inoltre conferiti altri riconoscimenti consistenti in manufatti in rame dell’artigianato locale, libri e pubblicazioni artistiche messi a disposizioni da eventuali Enti e/o Sponsor.

I premiati e i segnalati riceveranno inoltre diplomi con motivazioni.

Modalità di partecipazione

I plichi dovranno essere spediti unicamente al seguente indirizzo: SEGRETERIA DEL CONCORSO NAZIONALE DI POESIA “CITTA’ DI SANT’ANASTASIA”, PRESSO UFFICIO POSTALE DI MADONNA DELL’ARCO, 80048 MADONNA DELL’ARCO (Napoli), entro il 30 ottobre 2012. Si prega caldamente di evitare le raccomandate. E’ anche possibile l’invio per posta elettronica all’indirizzo circolo-lett-anastasiano@hotmail.it  In questo caso si dovrà allegare anche la fotocopia dell’avvenuto versamento, oppure indicarne gli estremi.

Gli elaborati non saranno restituiti. L’Organizzazione non risponde di eventuali disguidi postali o mancati recapiti.

I nomi dei componenti della Commissione esaminatrice, il cui giudizio è insindacabile e inappellabile, verranno resi noti il giorno della premiazione, che si terrà in Sant’Anastasia in giorno e luogo da stabilirsi. Soltanto i premiati ed i segnalati saranno tempestivamente avvisati.

Gli altri partecipanti potranno conoscere i risultati del concorso sui siti: http://concorsopoesiasantanastasia.blogspot.com; http://circololetterarioanastasiano.blogspot.com,  e sugli altri siti letterari, oppure telefonando in Segreteria.

I premi dovranno essere ritirati direttamente dagli interessati. Soltanto in caso di seria e comprovata indisponibilità, è ammessa la delega per iscritto. In caso contrario, i premi non verranno consegnati né spediti.

Ai sensi dell’art. 10 della L. 675/96, si assicura che i dati personali relativi ai partecipanti saranno utilizzati unicamente ai fini del Concorso.

Per eventuali informazioni, è disponibile la Segreteria (081.5301386 ore serali); e-mail: circolo-lett-anastasiano@hotmail.it.

L’Organizzazione ringrazia tutti coloro che vorranno diffondere la notizia del presente Concorso di Poesia.

Si prega di non attendere gli ultimi giorni per l’invio degli elaborati, onde facilitare il compito della Segreteria e della Giuria.

Per la celebrazione della X Edizione del Concorso, è allo studio una sezione dedicata alla Poesia Edita, il cui bando verrà redatto e diffuso a parte.

 

Alfredo de Palchi: una vita scommessa in poesia

Sarà presentato lunedì prossimo 28 maggio alle ore 16.30 presso il Palazzo Medici Riccardi, in Via Cavour 1 a Firenze, in occasione dell’ottantacinquesimo compleanno di Alfredo de Palchi, il volume: “Alfredo de Palchi: una vita scommessa in poesia”, Gradiva Publications, New York, 2011. Il libro è curato da Luigi Fontanella. Presenzieranno: Paola Lucarini Poggi, presidente dell’Associazione “Sguardo e Sogno”, e Luigi Fontanella, docente di Letteratura Italiana presso la State University di New York, direttore della rivista internazionale GRADIVA. Il volume contiene scritti, fra gli altri, di Sebastiano Aglieco, Mariella Bettarini, Donatella Bisutti, Michele Brancale, Milo De Angelis, Gabriela Fantato, Luigi Fontanella, Annalisa Macchia, Valerio Magrelli, Irene Marchegiani, Giuseppe Panella, John Taylor, Antonella Zagaroli. Sarà presente l’autore Alfredo de Palchi, che leggerà alcune poesie.

Alfredo de Palchi, originario di Verona, dov’è nato nel 1926, vive a Manhattan, New York, dove ha diretto la rivista “Chelsea” e la casa editrice Chelsea Editions. Ha svolto, e tuttora svolge, un’intensa attività editoriale.

Inaugurazione della Mostra del Pittore Franco Di Meglio

“Ciclamici”, olio su tela, cm. 80×100

Sarà inaugurata venerdì 1 giugno alle 18.30 la Mostra del Pittore Franco Di Meglio, presso ARTE STUDIO, Via Riviera di Chiaia 105, Napoli.
Questa mostra riassume tre momenti della ricerca artistica di Franco Di Meglio, dagli inizi fino alle ultime elaborazioni pittografiche. Nel primo predomina l’interesse verso l’astrazione geometrica di ascendenza magnelliana; nel secondo l’interesse verso la figurazione grafico-pittorica; nel terzo l’implosiva narrazione intimistica. La suddivisione in tre distinte fasi non deve però generare confusione. C’è un trait d’union che rimane sempre costante, ed è il colore dominato da un’implosiva carica emotiva. C’è ritmo, rigorosa sintesi giocata sulla contrapposizione e interazione di forme curve e rettilinee, pienezza di visione e avvolgente dinamismo delle micro-unità cromatiche che si rincorrono e si sovrappongono in successione temporale quasi come se si volesse eternarle e definirle in una visione assoluta dello spazio.
(Gerardo Pedicini)

La Mostra resterà aperta fino al 29 giugno 2012.
Per informazioni e contatti: Tel. 081/7611832. Segreteria sempre attiva; Fax 081/664668; e-mail: sabatoe@libero.it

Il presunto necessario

Le macchine muovono tutta la città.

Come un tumore che dirama nei tessuti
ognuno di noi porta quel tanto di maligno
che scompiglia
il marittimo senso di pace,
ognuno tentacola lungo meandri di strade
la propria confusione
la propri scia d’impellenza,
ognuno porta un mondo
che urla solo per sé
il presunto necessario

A mezzodì
in Piazza Dante
coaguli di folla sembra non abbiano meta:
tra sentori di caldarroste e nuovi hamburger
dilazionati da paninoteche ambulanti
sotto un cielo d’un azzurro inesistente
che senso ha l’amarti?

Napoli è come il nostro campare ormai
inacidito
ormai fatto di sequenze d’orari da rispettare
(mezz’ora e però la “vi-sette” neanche passa!)
come questa nostra asciutta vita
d’automi salariati

Ma poi a sera la nebbia sui lampioni del lungomare…
la luna per fatti suoi pur sempre si rispecchia
e crea ghirigori di luce sul mare
non previsti dal computer…
È questo il segreto cuore che dobbiamo dirci
noi tutti senza timore
d’esser tacciati per poeti

fabbricanti unici dell’irreale verità!

(Poesia tratta dal libro “Cuordileone nella città automatica”, di Giuseppe Vetromile, Ed. Presenza, Striano, 1990)

La presentazione del libro “La luna di sopra”, di Francesco D’Angelo

Di Napoli e su Napoli hanno scritto una miriade di narratori, giornalisti, critici letterari, ricercatori e persino poeti; alcuni famosi, altri meno noti ma non per questo il risultato del loro dire è stato meno interessante, meno importante. E quindi, dalla fondamentale storia del Regno di Napoli di Benedetto Croce, alla storia di Napoli vera e propria di Antonio Ghirelli, alle numerosissime altre “storie” di svariatissimi autori che qui sarebbe impossibile citare, ma che hanno sempre entusiasmato e interessato i lettori, possiamo dire che nessuna città al mondo sia stata più citata, descritta e celebrata come Napoli.

Ma la storia, il libro che qui ora presentiamo, “La luna di sopra”, di Francesco D’Angelo, è qualcosa di diverso, pur rimanendo in qualche modo nella narrazione tipica di fatti ed episodi prettamente napoletani, per certi versi addirittura simile al memorabile “Ventre di Napoli” di Matilde Serao, o, più recentemente, alle storie su Napoli e sulla napoletanità di Erri De Luca. S’intenda, questi parallelismi sono da me intesi solo come riferimento, come esempio, giacché ogni scrittore di Napoli e su Napoli ha la sua peculiare caratteristica e vena narrativa, il suo modo di vedere e di spiegare le cose che accadono, in una realtà davvero molto complessa e intricata qual è quella di Napoli, fin dalle sue origini, e che ha generato una miriade di atteggiamenti, di situazioni, di pregiudizi e di comportamenti che si affollano, si intersecano, a volte si disperdono, sfuggono, e il compito di entrare dentro, in profondità, per carpirne la segreta psicologia, è sempre arduo, direi quasi impossibile. Ognuno ha quindi contribuito creando un tassello, o più tasselli, e forse soltanto leggendo le tantissime opere, sarà possibile ricavarne un quadro verosimile e completo.

Il lavoro di Francesco D’Angelo è dunque uno di questi tasselli. Ma è un tassello davvero particolare, perchè non si tratta di una mera storia di Napoli o di un particolare momento storico della città, né si tratta di una cronaca giornalistica, non è un saggio su Napoli, non è un racconto ambientato nella città, non è una semplice descrizione geopolitica, non è niente che possa in qualche modo catalogarsi o riferirsi ad un particolare e specifico genere letterario. Ma, stranamente, e meravigliosamente, il libro di Francesco D’Angelo è anche tutto questo! E’ dunque un avvenimento eccezionale, una dimostrazione di grande capacità letteraria, questo libro, perchè l’autore è riuscito a concentrare, a condensare, in poche pagine, tutto quanto potesse interessare o riferirsi a Napoli e alla napoletanità: dalla storia alla geografia, all’ambiente, ai problemi sociali e culturali, ai pregiudizi, alle bellezze velate, ai monumenti sottintesi, all’umanità e al coraggio, e tante altre caratteristiche. E tutto questo, e ci piace sottolinearlo, senza perdersi, senza banalizzare, senza false retoriche.

Non ha importanza la trama del racconto, secondo me, e d’altra parte lascerei al lettore il gusto di seguire passo passo la lunga vicenda, chè di questo in breve si tratta, dello zingaro gentile e perbene ma costretto dalla ria sorte a vivere come un barbone nella variopinta stazione centrale di Napoli. Ed è attorno a lui e con lui che si snoda una storia nelle storie, la storia sua incastonata nelle tante vicende che vedono una Napoli protagonista singolare nelle mille strane e inusitate sfaccettature che la caratterizzano: dai cumuli di spazzatura alle proteste dei disoccupati, dalle bancarelle che invadono piazze e marciapiedi all’arte di arrangiarsi in ogni modo, al clima di lassismo e di rassegnazione ma anche alla solarità e all’umorismo, alle sacrosante millenarie tradizioni e all’arte meravigliosa e invidiabile che inorgoglisce ogni vero napoletano.

Direi dunque che Francesco D’Angelo ha avuto la grande e meravigliosa idea di inventarsi una storia, vista e vissuta da un protagonista particolare, per poter meglio e con maggiore verosimiglianza mostrare lacerti, luci ed ombre della città: una storia che si snoda con continuità, senza interruzioni in capitoli o in paragrafi, quasi a voler indicare che si tratta solo di un intervallo, di uno spaccato, nella storia più grande, infinita, perpetua, ciclica, della città e del suo essere città.

“La luna di sopra” è quindi racconto di umanità, di storia, di morale, di giustizia sociale, e anche di cronaca quotidiana, scritta con la mano esperta di un giornalista che conosce a fondo i problemi storici e sociali dell’uomo e in particolare dell’uomo napoletano; le sue caratterizzazioni e descrizioni dei personaggi e delle varie situazioni sono infatti molto ben delineati e approfonditi, rendendoli veramente coerenti e aderenti alla realtà in cui vivono e si muovono. Francesco D’Angelo ha questo grande talento, grazie al quale, anche con pochi essenziali tratti, riesce ad emozionare il lettore rendendolo partecipe, nella gioia e nel dolore, dello stato d’animo del protagonista e degli altri personaggi che gli ruotano attorno, come la vecchia maestra e gli altri barboni che dimorano nella stazione, vivendo tutti i disagi di chi non ha casa né più un futuro.

E’ un mondo che soffre, che ha un retaggio doloroso alle spalle, quello che si porta appresso lo zingaro, che ha dovuto subire e tuttora subisce, mille ingiustizie. Ma è anche un mondo colmo di poesia, di malinconia e di poesia, unica “luna di sopra” che potrà ancora illuminare il nostro vecchio barbone, metafora di una umanità cittadina ancora ramenga e alla ricerca di un utopico ideale di giustizia sociale e di benessere. Per questo, la città del sole di campanelliana memoria, come la chiama Francesco D’Angelo in alcune parti del libro, può essere sinonimo di speranza futura per una città, come la nostra Napoli, ancora immersa nel degrado ma pur sempre viva e palpitante di luce.

 

Francesco D’Angelo, “La luna di sopra”, Graus Editore, Napoli, 2011

 

Il libro è stato presentato giovedì 10 maggio 2012 nella Biblioteca “G. Siani” in Via Arco, Sant’Anastasia. L’incontro è stato organizzato dal Circolo “IncontrArci” – Circolo Letterario Anastasiano. Relatori: Giuseppe Vetromile, che ha anche moderato l’incontro, e Salvatore Velardi, responsabile CGIL Zona Metropolitana di Nola.

Il Premio “Borgo di Alberona”, VII Edizione 2012

PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA “BORGO DI ALBERONA”

7^ EDIZIONE 2012

Il Comune di Alberona indice e organizza la Settima Edizione del Premio Internazionale “Borgo di Alberona” di Poesia Edita e Poesia Inedita.

Regolamento

1) Possono partecipare al concorso tutti i poeti residenti in Italia e all’estero. I partecipanti sono tenuti a presentare i testi in lingua italiana.

2) Per la Sezione POESIA EDITA ogni concorrente può partecipare con un volume di liriche edito nell’ultimo quinquennio (2007-2011).

3) Per la Sezione POESIA INEDITA ciascun concorrente può partecipare con un massimo di TRE poesie inedite.

4) I volumi di poesia edita e/o le tre poesie inedite, in 9 copie, dovranno pervenire, in plico raccomandato, entro e non oltre il 15 giugno 2012 al dott. Camillo De Martinis, segretario organizzativo del premio, c/o il Comune di Alberona – Assessorato al Turismo e Cultura – Via Stradale Lucera 1 – 71031 Alberona (Foggia). Tel. 0881.592152 – 0881.592022; fax 0881.592151.

5) Al premio non possono concorrere i poeti premiati nelle precedenti edizioni se non sono trascorsi almeno cinque anni.

6) I concorrenti dovranno fornire i dati anagrafici completi (nome, cognome), l’indirizzo, il numero di telefono e un breve curriculum.

7) Per i volumi di poesia inviati direttamente dalle Case Editrici, è necessario che la partecipazione al concorso sia stata approvata dagli Autori. Le Case Editrici dovranno fornire le generalità del concorrente come all’Art. 6).

8) Non è richiesta alcuna tassa di lettura.

9) La Commissione Giudicatrice, il cui giudizio è insindacabile, è composta da Giorgio Barberi Squarotti, Andrea Battistini, Giuseppe De Matteis, Francesco D’Episcopo, Raffaele Giglio, Raffaele Nigro, Michele Urrasio, Donato Valli, Giovanni Postiglione segretario del Premio.

10) La cerimonia di premiazione avrà luogo il 26 agosto 2012. Ne sarà data notizia tramite quotidiani, riviste specializzate e altri mezzi di comunicazione (internet, siti web, televisione).

11) I vincitori, che saranno avvertiti personalmente, dovranno assicurare, con telegramma o comunicazione a mezzo fax (0881.592151), la loro presenza alla cerimonia conclusiva. L’inosservanza di tale norma comporterà la perdita del diritto all’assegnazione del premio. Non sono consentite deleghe.

12) Poesia Edita: al vincitore del primo premio saranno assegnati euro 1000, al secondo euro 500, al terzo euro 500. Saranno segnalati, inoltre, i concorrenti ritenuti meritevoli.

13) Poesia Inedita: al primo classificato saranno assegnati euro 500, al secondo euro 300, al terzo euro 200. saranno segnalati, inoltre, i concorrenti ritenuti meritevoli. Le opere premiate, segnalate e quelle selezionate, saranno pubblicate in una antologia unitamente al verbale della Commissione Giudicatrice e agli atti del Concorso.

14) Agli Autori premiati, presenti alla cerimonia di premiazione, saranno rimborsate le spese di viaggio e di soggiorno per loro e per un eventuale accompagnatore, nei giorni di sabato 25 e domenica 26 agosto 2012.

15) Le opere inviate, anche se non premiate, non saranno restituite.

16) La partecipazione al concorso implica la completa accettazione di tutte le norme del presente bando.

Il Sindaco, rag. Tonino Fucci.

ALBO D’ORO

2006 – Poesia Edita: 1° Massimo Scrignoli, 2° Paolo Ruffilli, 3° Eugenio De Signoribus.

2007 – Poesia Edita: 1° Maria Luisa Spaziani, 2° Giovanni Orelli, 3° Antonio D’Elia. – Poesia Inedita: 1° Giuseppe Vetromile, 2° Franco Cangelosi, 3° Vincenzo Jacovino.

2008 – Poesia Edita: 1° Dino Carlesi, 2° Giovanni Infelise, 3° Giovanni Occhipinti. – Poesia Inedita: 1° Benito Galilea, 2° Silvana Folliero, 3° Benito sablone.

2009 – Poesia Edita: 1° Remo Fasani, 2° Alberto Bertoni, 3° Giusi Verbaro. – Poesia Inedita: 1° Claudio Angelini, 2° Antonio Spagnuolo, 3° carmen De Mola.

2010 – Poesia Edita: 1° Cristanziano Serricchio, 2° Antonio Zavoli, 3° Piero Pellegrino. – Poesia Inedita: 1° Ivano Mugnaini, 2° Giovanni Caso, 3° Salvatore Cangiani.

2011 – Poesia Edita: 1° Claudio Damiani, 2° Daniela Raimondi, 3° Marcello Ariano. – Poesia Inedita: 1° Francesco Baldassi, 2° Maria Teresa Savino, 3° Michele Vigilante.

Fonte: http://85.18.241.211/alberona/bg/files/poesia%202012.pdf

Una recensione di Flavia Balsamo a “Ritratti in lavorazione”

È stato proprio il sottotitolo “Poesie del disincanto e del salario” a regalarmi il primo spunto di riflessione. Mi sono chiesta, infatti, se l’associazione delle parole disincanto e salario recasse il segno dell’appartenenza al medesimo contesto, oppure se individuasse momenti differenti del percorso di vita dell’autore.

Il disincanto potrebbe certamente apparire come elemento chiave del mondo operaio, dove ciò che conta è il salario e tutto il resto viene tralasciato come quel superfluo per il quale non si ha tempo, quell’infanzia che non trova più posto all’interno dell’ambiente meccanicistico e deterministico del lavoro. Eppure, c’è da stupirsi perché, proprio in quel mondo, nei ritratti iniziali che Vetromile ci offre, si scorge la più profonda e intima esigenza di “fiaba”, di sogno, di quel mondo a metà strada tra la terra e il cielo. Non è quindi un caso che la raccolta inizi con questi versi: “Dimentica, anima mia, il solito giro della spesa: noi fantasmi abbiamo nelle tasche altro pane, altro sale, le cose più buone dell’antico celeste paese”. Così come non può essere fortuito il ricorrere proprio nella prima parte della raccolta di parole quali fiaba, sogno, romanzo, ecc. (“lontano dalle favole lavo lavandini e gabinetti”; “per capire ciò ch’è negato alle piccole donne / con grandi occhi d’amore e cuore di romanzo”). È evidente la volontà di rendere manifesto quello scarto di umanità, quel mancare di qualcosa che pure dovrebbe contraddistinguere l’essere umano: “Giusto l’ora d’assaporare il sole al mattino / e poi sguaiarsi sotto il barbacane così / come una pezza di carne usata qualsiasi”.

L’uomo che si lascia alle spalle la luna e le stesse, l’uomo vittima di un’alienazione da lavoro, è lo stesso che “la sera piange e un poco sogna”, l’impiegato “insugherito e svalutato” che non rinuncia ai suoi sogni e “consuma preghiere alla ringhiera / per il suo ultimo resto di illusioni”. Nonostante, quindi, il lavoro consumi tutte le energie e il tempo (“segretaria che il tempo non hai per amare”), sussiste, anche soltanto inconsciamente, una volontà di nutrirsi di altro, di qualcosa che “non era boccone di terra, particella grassa”, qualcosa che viene identificato dall’autore come lieve (“ma certo qualcosa prendevi / dal vento e dai sussurri dell’aria, dalle stelle persino, / come viatico ai tuoi giorni stretti”) proprio perché deve distaccarsi dalla terra, nel suo simboleggiare la materialità, la pesantezza di una vita stretta dalla fatica, dal lavorare per vivere. In questo contesto si inserisce la preghiera come grido di ricerca di Chi per natura è in alto, è spirituale, è cielo, e parla attraverso le stelle, e deve quindi riscattare l’uomo dalla vacuità di una vita spesa soltanto nella routine dettata dai bisogni fisici: “O Signore / non darmi il nulla quotidiano: la mia vita / è questa pezza di tuta grassa / da indossare sopra i sogni, le speranze”.

Esistono altri bisogni, inerenti all’esserci dell’uomo, sogni che riflettono proprio quel cielo, come “illusioni capovolte” specchiate nel mare; sogni che dettano il tempo che senza loro “passava ma non passava poiché / era fermo ogni sogno, ogni viaggio ogni amore”. Ricordandoci filosoficamente che essere uomo è essere temporalità, è importante costatare come questi versi ci inseriscano in una dimensione che non dimentica tutto quanto riguarda l’uomo, installandosi in uno sguardo sospeso tra il cielo e la terra, poiché di entrambe le nature si vuole connotare l’esistenza umana. Non è vero tempo, non è vera vita quindi, se l’uomo dimentica una delle due nature (il cielo, le stelle, i sogni e desideri), e così facendo non vive pienamente nemmeno l’altra. Questo, a mio parere, il significato più profondo dell’opera in questione espresso nei versi: “Io cerco altre cose / non ragiono di sola materia”.

Non soltanto questo però, come vediamo analizzando la seconda parte della raccolta, dove, il raggiungimento di quel cielo (l’abbandono del lavoro nella fabbrica, e quindi l’agognato spazio di poesia) innesta l’autore in un problema ulteriore: quale sogno resta quando hai raggiunto il sogno? (“Hai creato una favola e la vivi qui in pantofole / nessuno ha distratto la tua dimora di nuvole”). Questa la parte denominata “Poesie del disincanto”. Nel compiersi della favola, l’accidia potrebbe prendere il sopravvento, dimenticando l’essere costantemente in tensione dell’uomo. Sartre diceva che essere è giocare a essere, un continuo progettarsi oltre la situazione, trascendendola nel valore. Qui, in uno spazio poetico, ho rivisto la medesima riflessione filosofica, trasfigurata però nella bellezza dei versi: “Non andare a gettarti nell’accidia incatenante del laggiù indicativo, / dove s’imprimono i numeri sulle pagine / d’una vita a perdere”.

La consapevolezza di quell’oltre che solo può innalzare la vita al di là della mera datità (l’essere gettato) non è però essa stessa compiuta, approdo facile, poiché in tutto rispecchia l’essere in divenire del progetto autentico del vivere. Trovano quindi spazio dubbi, incertezze, dolore, e le stesse tentazioni prima esorcizzate: “ma non entrano più le albe ed i mattini rosati […] non c’entrano più / le ore del tempo sghimbescio, accantonate / in un grumo di sogni a capoletto […] ho un termine all’orizzonte che mi nega / ogni prosieguo, è divisa la luce dal buio, / e la notte sarà come sarà, colma di silenzi / e di immobili sospiri… non entrerà dunque / nemmeno un atomo di cuore: tutto / è fermo ormai nell’attesa che si svuoti / il pozzo dei castighi e dei dolori, domani, / per riscrivere speranze ed illusioni, altre / note di colore, su un taccuino ancora intonso / comparso così, all’improvviso, in un angolo / di luce di un altro mattino fortunoso!”.

Il domani è un giorno fortunato che sfida la morte: “la morte è qui / – comunque- aggrappata a me senza pretese / di vedermi riciclato in un atomo d’azoto, / quantunque turbinoso, avventuroso… Ed io, / mia cara, sarò guardingo nel chiedere la vita: / un passo dopo l’altro, in silenzio, attento / a non dissolvermi nel cielo”. Insorge quindi un nuovo nucleo tematico, quello contraddistinto dall’incedere del tempo, del nulla che si staglia interrogativo all’orizzonte rendendo fragile ogni scelta, ogni giorno.  La “morte è morte e più non si dica oltre” e la vita, attraverso questa contrazione del futuro, viene riscritta come tempo d’attesa, come aspettativa di rinascita mediante la morte stessa “la vita è quel fantasma in attesa d’essere evocato”. Tutte le aspettative, i sogni, i desideri crollano in un presente in cui nessuno più “sa leggere i colori del cielo né le onde del mare”, “abbiamo perso il coro degli angeli”, e “per noi non ci sarà più / risposta dal cuore prima illuminata; / né ai sogni, né ai paradisi fatti di tremor d’amore / e di squarci di speranza”. Nella prospettiva finale dell’autore sembra quindi dissolversi ogni cielo, ogni  al di là che dona significato al presente, nell’emergere di un oltre che eclissa tutto il resto, è la morte. Sembra… perché, in realtà, come attesta il colpo di coda finale, nel poeta fermentano altre volontà: “Ma tu insisti! Ancora vuoi portarti addosso / questa pietra di facezie, bagaglio di chincaglie. / Ancora risali la china del mistero con un forte / grido d’arrembaggio nella gola, come / il vecchio corsaro della storia favolosa!…”. Nonostante la consapevolezza, nonostante il dialogo cosciente e, oserei, duro del poeta con la morte e il nulla, la svalutazione cinica di quelle “facezie” e “chincaglie” non riesce a smorzare il grido finale che solo può rendere onore a una vita come perenne movimento di ogni atomo (quello d’azoto, quello del cuore, ecc), questo “sciamarsi di molecole sfatte, / l’agitarsi di tutti i colori pazzi nell’incavo degli occhi”:

Io cerco altre cose, l’atto di coraggio del poeta.

Così, ha trovato risposta la mia domanda iniziale: il disincanto è tutto quanto interviene con prepotenza quando la maturità avvera o rende vani i sogni, quando la favola è resa libera dal suo compito di ammorbidire la quotidianità. Il disincanto si aggira con più forza proprio in quel mondo che non sembra suo: non nello spazio lavorativo bensì in quello domestico onirico, delle pantofole e dell’albeggiare del sole sul davanzale. Lì, l’autore lo aspetta e l’affronta con tutta la forza del pensiero poetico che è autocoscienza e contemporaneamente superamento di questa.

Flavia Balsamo

23 aprile 2012